“Lei mi spoglia con gli occhi. Spogliatoio!”. Resta indubbiamente questa la battuta più celebre di “Totò truffa”, esilarante pellicola del 1961 di Camillo Mastrocinque, comunque ricca di gag, battute e fantomatiche situazioni escogitate dall’impareggiabile Totò De Curtis, nel film in perenne combutta con Nino Taranto. Il raggiro che rimane scolpito nella storia del cinema comico italiano è, però, quello riferito alla vendita della Fontana di Trevi.
La più grande e la più celebre fontana di Roma (e forse del mondo), progettata nel settecento da Nicola Salvi e che sorge – trionfo di barocco e classicismo – nel cuore pulsante della capitale, a far da incantevole sfondo alla vita diurna e notturna generata dalla miriade di uffici, negozi, locali e ristoranti che l’attorniano. Cento lire per ciascuna fotografia scattata. Questo è l’introito che può dar linfa alle casse di colui che è proprietario della maestosa fontana nella quale Fellini fece tuffare nel 1960 Anita Ekberg per la sua “Dolce Vita”.
E così l’inebetito turista americano si fa abbindolare dal geniale Totò che – spacciandosi per proprietario e venditore – un attimo prima era andato a chiedere (come prova del suo diritto) un obolo solidale ad un turista che immortalava la fontana di Trevi. Bottino finale: cinquecentomila lire (caparra intascata prima di dileguarsi) e ricovero psichiatrico urgente per il povero turista che reclamava ai vigili il compenso che i turisti gli negavano.
Le fontane romane: ecco una delle cose che numericamente può essere competitiva con le trattorie ed osterie che pullulano nella città eterna. Ed anche qualitativamente: perché se in osteria si mangia benissimo ed allegramente, le fontane sono altrettanto obiettivamente una più bella dell’altra. In piazza di Spagna la Barcaccia di Gian Lorenzo Bernini, quella del Tritone in piazza Barberini e le due di piazza Navona (dei Quattro fiumi e del Moro), per restare all’opera del grande scultore napoletano. Il Fontanone in cima al Gianicolo, le Quattro fontane sulla via omonima all’incrocio con via del Quirinale, le fonti di piazza Farnese, quelle di piazza San Pietro, la fontana delle Naiadi di piazza delle Repubblica. Possono bastare? Forse è solo la crema di una straordinaria città che è ricca di fontane e... di sorprese.
La più grande e la più celebre fontana di Roma (e forse del mondo), progettata nel settecento da Nicola Salvi e che sorge – trionfo di barocco e classicismo – nel cuore pulsante della capitale, a far da incantevole sfondo alla vita diurna e notturna generata dalla miriade di uffici, negozi, locali e ristoranti che l’attorniano. Cento lire per ciascuna fotografia scattata. Questo è l’introito che può dar linfa alle casse di colui che è proprietario della maestosa fontana nella quale Fellini fece tuffare nel 1960 Anita Ekberg per la sua “Dolce Vita”.
E così l’inebetito turista americano si fa abbindolare dal geniale Totò che – spacciandosi per proprietario e venditore – un attimo prima era andato a chiedere (come prova del suo diritto) un obolo solidale ad un turista che immortalava la fontana di Trevi. Bottino finale: cinquecentomila lire (caparra intascata prima di dileguarsi) e ricovero psichiatrico urgente per il povero turista che reclamava ai vigili il compenso che i turisti gli negavano.
Le fontane romane: ecco una delle cose che numericamente può essere competitiva con le trattorie ed osterie che pullulano nella città eterna. Ed anche qualitativamente: perché se in osteria si mangia benissimo ed allegramente, le fontane sono altrettanto obiettivamente una più bella dell’altra. In piazza di Spagna la Barcaccia di Gian Lorenzo Bernini, quella del Tritone in piazza Barberini e le due di piazza Navona (dei Quattro fiumi e del Moro), per restare all’opera del grande scultore napoletano. Il Fontanone in cima al Gianicolo, le Quattro fontane sulla via omonima all’incrocio con via del Quirinale, le fonti di piazza Farnese, quelle di piazza San Pietro, la fontana delle Naiadi di piazza delle Repubblica. Possono bastare? Forse è solo la crema di una straordinaria città che è ricca di fontane e... di sorprese.
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